Guida autonoma, come funziona?

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Autopilot è sicuramente la parte più affascinante di Tesla, un sistema che mira a diventare un sistema di guida autonoma, ma come funziona?

Parleremo in generale di come funziona un sistema di guida autonoma, siccome non abbiamo le conoscenze di come funziona esattamente il sistema di Tesla ma la base dovrebbe essere la stessa. 

Prima di entrare nel lato tecnico dobbiamo fare una distinzione tra i vari tipi di guida autonoma e assistita, infatti esiste una scala che indica cosa è in grado di fare una vettura da sola, riporto ora la scala. 

Livello 

Capacità

0

Nessun supporto elettronico, il guidatore si deve occupare di tutto

1

Assistenza alla guida, il sistema informatico si occupa di segnalare a visivamente o con dei suoni cosa sta succedendo intorno alla vettura. Il guidatore si deve occupare di tutto e ha la piena responsabilità. 

2

Automazione parziale, l’autovettura è capace di modificare accelerazione e frenata in caso di emergenza, il traffico e direzione. In alcuni casi, con segnaletica orizzontale ben visibile è possibile lo sterzo. La responsabilità rimane sul guidatore. 

3

Automazione condizionata, l’autovettura è in grado di gestire la guida in condizioni ordinarie, il guidatore interviene su richiesta del sistema, in situazioni problematiche o avverse. L’auto è in grado di gestire accelerazione, frenata e direzione. 

4

Alta automazione, il sistema è in grado di gestire completamente la guida tranne in condizioni di meteo molto particolari in cui deve intervenire il guidatore

5

Completa automazione, il guidatore non ha neanche la possibilità di intervenire. 

Il sistema più evoluto attualmente in commercio è quello di Tesla che dovrebbe essere di livello 3, almeno dove è consentito utilizzarlo al massimo del suo potenziale, infatti la vettura non è affidabile al 100% in condizioni urbane. 

Tutti questi sistemi utilizzano diverse tecnologie, alcune di queste vengono utilizzate anche per droni e robot, soltanto che una vettura ha il vantaggio di avere una strada già mappata, grazie a servizi come Google Maps, quindi necessita meno calcoli. 

Ci serve distinguere vari tipi di sensori prima di capire come questi entrano in comunicazione e di come creano un modello matematico. 

I sensori come accelerometri, giroscopi, GPS e odometri (misurano la distanza percorsa dalle ruote), sono detti sensori ciechi perché stimano la posizione dell’oggetto ma non conoscono cosa c’è intorno, possono sapere di quanto si è mosso ma non cosa lo circonda quindi non sono sufficienti per creare un sistema di guida autonoma, inoltre hanno dei problemi. Gli odometri misurano quanto girano le ruote di conseguenza in base alla superficie potrebbe cambiare il numero di giri necessari per compiere una certa distanza. 

Per mappare l’ambiente si usano diversi sensori in base alle esigenze, abbiamo i sensori ToF, ottici e sonar. I sensori ToF questi sensori inviano un laser e in base al tempo in cui questo torna capiscono al distanza da un oggetto, ripetendo questa cosa per tante tante volte riescono a mappare l’ambiente. 

I sensori ottici sono certamente migliori rispetto ai sensori ToF ma necessitano di tanta computazione, solitamente vengono messi in coppia in modo da ricreare un ambiente tridimensionale e non bidimensionale come accade per l’occhio umano. Questi sensori permettono di raccogliere più dati, infatti sono fotocamere da diversi megapixel che permettono quindi un’acquisizione più precisa dell’ambiente circostante. Come per tutte le fotocamere hanno problemi con scarsa illuminazione, proprio per questo vengono spesso affiancati dai sensori ToF. 

Infine i sensori SONAR sono fondamentali in acqua e sul bagnato, il principio di funzionamento è lo stesso dei sensori ToF solamente che viene utilizzato il suono e non la luce. 

Ora la nostra vettura o chi per essa, conosce la sua posizione (GPS), la sua accelerazione (accelerometro), la sua direzione (giroscopio), la velocità di rotolamento del motore (odometro) e cosa lo circonda (ToF, ottici, SONAR), entra quindi in gioco l’algoritmo SLAM, che mette insieme tutti questi dati calcolando la probabilità che l’oggetto si trovi in una determinata posizione in un determinato momento, si parla di probabilità per vari motivi fisici. 

Il processo di SLAM calcola la posizione attuale e la probabile posizione nell’istante t1 a questo punto nell’istante t1 verifica la posizione e fa eventuali aggiustamenti. 

Come abbiamo detto in precedenza, se si parla di auto a guida autonoma la mappatura molto probabilmente è già stata fatta da Google Maps o da servizi simile, questo permette di diminuire i calcoli che il sistema deve svolgere. Il sistema deve però tenere conto anche degli altri veicoli nelle vicinanze, proprio per questo in molti pensano che per raggiungere il livello 5 di guida autonoma sarà necessario prima che arrivi su tutto il territorio il 5G che migliorerebbe le comunicazioni tra le varie auto. Al momento il sistema si occupa di calcolare la possibile posizione dei veicoli nelle vicinanze. 

È sorprendente sapere che il sistema SLAM non è un’invenzione dell’uomo ma è presente nel cervello di numerosi esseri viventi che usano orecchie e muscoli come sensori ciechi mentre gli occhi come sensori ottici. Ad esempio quando leggiamo in macchina il nostro cervello va in crisi perché riceve dati contrastanti. 

I vantaggi della guida autonoma sono molteplici, partendo dalla diminuzione degli sprechi di tempo infatti non saremo più impegnati alla guida ma potremmo fare un po’ quello che ci pare durante il viaggio. Diminuiranno anche gli incidenti stradali si stima di circa il 90%. Certo ci sarà un cambio notevole nel mercato del lavoro, diminuiranno le richieste di taxisti e autotrasportatori ma aumenteranno le richieste di ingegneri e programmatori. 

Come detto nell’articolo su Elon Musk, la guida autonoma pone numerose domande a cui non è facile e non sarà facile rispondere, soprattutto per le situazioni limite. 

Podcast

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ElfioDeGalbia

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